LA MORTE IN DIRETTA TV
UN FALSO BALLETTO PER UN VERO DOLORE


Di Marina Corradi



Un malato terminale ha permesso alle telecamere della Bbc di riprendere i giorni della sua agonia e il momento della morte. (…)
È la storia di un vecchio tedesco, stabilitosi con la moglie in Irlanda, che si ammala di cancro. La telecamera lo segue dalla prima diagnosi all'ultimo respiro. Il vecchio non ne è infastidito, anzi: "Mi piace - dice - che tutti vedano come è possibile vivere al meglio la fine della vita".
C'erano una volta, molti secoli fa, le "ars moriendi" , piccoli testi che insegnavano a morire "bene". Il filmato della Bbc sembra un'"ars moriendi" del Duemila: più che la cronaca di un'agonia, un documentario girato con fini educativi. Per insegnare come affrontare la morte a uomini che non credono in alcun Dio, come il vecchio tedesco in questione ("Dopo la morte, sarò morto e basta. Non c'è altra vita, non c'è niente: resta solo una manciata di cenere"). Uomini per cui - secondo le parole della voce fuori campo - la vita di un individuo è solo la piccola parte di un ciclo infinito, che dalle ceneri attingerà nuovamente materia per costruire querce, o verdure dell'orto: come dice il protagonista, che assicura d'essere felice di diventare, una volta cremato, concime per le sue rose. Una miscela di nichilismo (siamo un nulla e torneremo nel nulla) e di spiritualismo ecologista e new age.
Ognuno muore come vuole, anche - se gli piace - con un microfono piazzato a registrare l'ultimo rantolo. Soltanto, lo spettatore davanti al film viene preso da un crescente disagio. C'è qualcosa che non torna, qualcosa di falso. Non perché non sia vera la morte del vecchio tedesco. Ma quanto sa di fasullo quella serenità, quella forzata letizia degli amici che strimpellano al capezzale del morente la sua canzone preferita. Quanto è assurdo quello scambio di battute tra il medico e il moribondo: "Sei preoccupato?". "Ma no - risponde il vecchio - non sono preoccupato". Morire, è una cosa da poco. Di che aver paura? Rinasceremo, sotto forma di cani o di ghiande, prima o poi. Dov'è il dramma?
Appunto, la falsità è nel dramma che manca. Quella morte di cui perfino Cristo, per un attimo, ha avuto paura; di cui tutti abbiamo un'istintiva angoscia e sgomento, nel filmetto della Bbc una faccenda pulita, educata, da affrontarsi con ferma serenità anche quando un tumore allo stomaco ti blocca il diaframma e il respiro. "Sei eccezionale" dice sorridente un medico ottimista, palpando l'addome terribilmente sformata del malato. Sorridono le assistenti sociali. Anche il malato, in un momento di benessere, pasteggia a aragosta e champagne. Solo la moglie piange contenute lacrime. Sarà tutto vero, pensa lo spettatore, eppure che sapore di finto.
La voce fuori campo fa il resto: "La nostra morte ha un senso nel contesto della storia umana? La risposta è no, anche se la morte è funzionale alla riproduzione della specie". L'uomo dunque non ha un senso. È solo agglomerato di cellule che la natura, sapientemente, riciclerà. Non c'è da preoccuparsi, né da avere paura, la vita è poca cosa e la morte ancora meno. Il vecchio malato, in un momento di stanchezza, chiede un'iniezione definitiva, e una voce lieta e suadente gli dice che non si può "perché la legge non lo permette" (una legge che, in questo contesto, viene fatta apparire come del tutto insensata). Il malato non se la prende e continua a essere buono, dignitoso e lieto. Tutti sono lieti. Dopo la morte la vita - nella forma di foglia, di insetto, di lichene, - continua. Cantano al moribondo una vecchia ballata inglese. C'è anche una ragazzina, sui dodici anni, nella compagnia: l'unica che appena può se la fila. La telecamera la inquadra nel brusco uscire di scena. È la sola che in quell'uomo rantolante riconosce un dramma. Il segno di un male antico, cui solo un bene molto grande, infinito, dà un senso che non sia disperante. La ragazzina scivola via, a disagio, da quella letizia fasulla; e viene in mente quel bambino della favola, il solo ad accorgersi che il re era nudo.